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Dnl - Diabete no limits

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Diabete Off-Road @ 2013 - Trans D'Havet


DNL @ TRANS D'HAVET 2013 • 27 luglio 2013 • h 1,00



Piovene Rocchette/Valdagno (VI) • 80 km 5500 d+


Issimo @ 52 Gallerie Pasubio

BREAKING NEWS

TEAM DNL @ TdH 2013 ... 1 FINISHER 1 QUITTER = TRAIL AS YOU ARE!

Altro tassello nel percorso di crescita e conoscenza di noi stessi ... finisher o quitters non importa!
Ci abbiamo provato, come piace a noi ... responsabilmente e in campo aperto!

Più sotto report e considerazioni dei protagonisti a 360 gradi!




“FRETTOLOSAMENTE QUITTER”
testo di Alessandro Grippo

A nulla sarebbe valso allenarmi di più o meglio se al via della Trans d’Havet fossi arrivato in ogni caso con così poca carica mentale. Il mio ritiro al 48°km è frutto esclusivamente di pensieri negativi e automortificanti che mi hanno accompagnato durante tutte le mie 10 ore di gara. Fisicamente non mi mancava nulla per essere in qualche modo finisher. Ho saputo tener testa all’apatia per troppo poco tempo. La mia testa non era impegnata a tenere a freno i segnali di fatica e di stress in arrivo dai muscoli e dalle ossa, era impegnata a combattere i cattivi pensieri. Pensieri inutili che fioccavano come gocce di pioggia da un cielo grigio, fino ad affogarmi e rendermi quitter.
"E’ umido" , "Ho le gambe pese",  "Quando arriva il giorno", "Ho mal di stomaco ergo avrò l’ulcera in seguito alla dieta sbagliata che seguo e a tutte le barretTe che ho mangiato", "Non ha alcun senso faticare così, lunedì devo essere in grado di andare a lavorare sulle mie gambe non devo farmi male", "Arrivero’ tardissimo, Caterina si arrabbierà annoiata dall’attesa", "Sarò già ultimo, tra un pò mi arrivano le scope".

Questo è solo un piccolo campionario di quello che mi passava in mente sabato mentre correvo, il bello è che ero consapevole di questo flusso di pensieri ma non riuscivo a fermarlo, non riuscivo nemmeno a godere della notte stellata, della luna, dei colori dell’alba, degli odori del bosco, delle vette lontane e delle vaste vedute. Così sempre più soffocato in questa spirale negativa mi sono ritrovato al punto di ristoro di Campogrande, al 48°km e dopo aver fatto 3500mt di dislivello a chiedere chi dovessi avvertire per ritirarmi. E la mia richiesta è stata così meccanica e priva di ogni qualsivoglia reazione emotiva da parte mia da lasciarmi esterrefatto.
Così mi son ritrovato seduto sul ciglio della strada con la testa sprofondata nelle mani al mento a guardare passare le centinaia dopo di me che di ritirarsi non ne avevano minimamente intenzione.

ATLETICAMENTE: son partito lento, tremendamente lento ed in controllo, le gambe assonnate e pesanti, impigrite dall’ora. La notte si dorme avranno pensato le mie gambette e il cervello impegnato com’era a combattere con i cattivi pensieri, non ha avuto modo di far nulla per fermare questa deriva reazionaria. Ho affrontato le ore notturne ben al di sotto di quello che avrei potuto fare, vuoi per il buio che rendeva difficile far velocità in discesa nei passaggi tecnici e creava file indiane continue, vuoi per l’umidità tremenda, folate di umidità e la temperatura che sbalzava di 8-10°C in poche centinaia di metri, vuoi soprattutto per la sensazione di pesantezza alle gambe.
Dopo il ristoro del Monte Novegno con il sole che ha iniziato a spuntare ho ritrovato un minimo di sensazioni positive ed ho corso la discesa in maniera abbastanza sciolta.
Nel single treck nel bosco che portava al monte Alba ho espresso forse la migliore performance della giornata, nonostante le pendenze fossero veramente importanti, riuscivo a produrre delle buone velocità ascensionali nell’ordine dei 600/650 mt/hr.
Scollinato il monte Alba al ristoro del passo Xomo mi trovo ad affrontare la prima crisi vera della giornata.
Con lo stomaco in subbuglio dalle numerose integrazioni della notte, a cui sono stato costretto a causa di una superficiale condotta metabolica,  medito già un ritiro.
Ad eccezione dei fastidi allo stomaco non avvertivo altri fastidi fisici.
Tuttavia più volte seduto davanti al ristoro ho meditato di prendere il pulmino che mi avrebbe portato a Valdagno.
Alla fine decido di vedere almeno le 52 gallerie del Pasubio, mi sembra un buon modo di onorare la memoria dei tanti soldati caduti in guerra su quelle montagne e dei tanti che hanno perso la vita scavando quei buchi nel granito. A confronto la Trans d’havet mi sembra ben poca cosa.
Il thè caldo e i due biscotti presi al ristoro sembrano aver mitigato di molto i fastidi allo stomaco. Affronto abbastanza bene le prime 20 gallerie, incantato e scioccato dal tanto lavoro profuso per la patria, forse uno dei pochi input esterni che è riuscito a distrarmi dai cattivi pensieri. Oltre la metà il ritmo comincia di nuovo a calare e spesso sono sorpassato anche da qualche escursionista.
Procedo a scatti, 500mt più forte poi rallento di nuovo, e così via fino in vetta.
Condisco la salita anche con qualche fermata con la scusa di far foto ma in realtà per riposare un secondo.
Sulla vetta al punto di controllo del rifugio Papa mi rendo conto che rispetto alla spunta precedente ho perso una 30ina di posizioni.
Ma di questo oramai non me ne importa più nulla, raggiungo il rifugio e mi fermo.
Vado in bagno e mi libero di molta zavorra marrone, mi do una bella lavata e cambio maglia, mettendone una più leggera, cambio le calze e mangio un panino.
Faccio con molta calma, forse 25 minuti o più, non ci ho nemmeno prestato attenzione.
Riparto ma fatti due tornanti sono costretto a tornare al rifugio, ho scordato i bastoncini.
Quando finalmente ricomincio a scendere provo a corricchiare, la discesa fino al Pian delle Fugazze la corro tutta prima sulla strada bianca degli Eroi e poi giù a capofitto nel bosco. Un tizio con il pettorale con su la scritta CREW mi sopraggiunge da dietro come un fulmine e lo faccio passare, la mia velocità è nulla in confronto a lui ma rispetto alla velocità ascensionale della salita al Pasubio la velocità che ho in discesa è comunque più soddisfacente.
Giungo a Pian delle Fugazze, stavolta faccio sul serio, mi informo sulle modalità di ritiro e chiedo se è possibile ritirarsi anche al successivo punto di controllo.
Non so come ma riesco a resistere ed inizio ad incamminarmi lungo la strada asfaltata, inizio a salire per i pratoni fino ad imboccare il sentiero che conduce a Passo Campogrosso.
Nonostante le tante ore trascorse riesco a salire con una certa costanza rispetto alla predente ascensione al Pasubio.
VAM di 450/500 mt/hr nulla di più ma per lo meno non salgo a strappi.
Dal monte Cornetto fino al passo di Campogrosso si susseguono una serie di saliscendi per un paio di km. Si procede su single treck e mi ritrovo imbottigliato da due che ho raggiunto da dietro, vanno piano, molto più piano di me e non lasciano strada, ma non provo nemmeno a superarli cattivo, come ho fatto 3 o 4 volte stanotte.
Mi metto dietro a loro e prendo il loro passo. Arrivo al Passo Campogrosso e mi fiondo subito al ristoro, il resto ve l’ho già raccontato, la mia gara finisce qui. Le gambe soccombono al volere della testa.

METABOLICAMENTE: Ho pagato cara la scelta di non diminuire la basale, per di più arrivo all’ora di partire con una glicemia da perfetto normoglicemico e dopo due pasti veramente equilibrati e parchi che non avevano lasciato trascichi digestivi. Inizio ad integrare in griglia con una barretta e continuo cosi per tutta la nottata, ogni ora, ora e mezzo mangio qualcosa o bevo sorsate di integratore salino, nonostante tutto non riesco a tirare su la glicemia  che si assesta sempre tra i 75 e i 90 mg/dl. Poco prima dell’alba afflitto dai dubbi che il mio stato di scarsa brillantezza sia dovuto alla glicemia bassa e per di più con lo stomaco in subbuglio per il mix ingurgitato fin lì decido di porre fine ai dilemmi, ed al ristoro del monte Novegno dopo aver rilevato l’ennesimo 80 mi sparo un doppio panino ed un sorso di Coca.
Finalmente riesco a dare una piccola impennata al trend e posso iniziare a pensare, si fa per dire, a correre.
Inizio successivamente ad integrare con più moderazione grazie anche all’arrivo del giorno che aumenta i miei fabbisogni insulinici.
Avevo dato per scontato che correr di notte fosse come dormire, il corpo però non doveva pensarla così ed ha reagito di conseguenza all’eccesso di basale presente.
Mi ero fatto fuorviare dagli ultimi due lunghi svolti (50 e 60km) durante i quali ho integrato pochissimo nonostante avessi lasciato invariata la basale; ma tra i lunghi e la gara c’era una differenza sostanziale: l’orario di partenza all’1:00 di notte la Trans d’Havet alle 6:00 del mattino gli allenamenti.
Evidentemente queste fasce orarie sono completamente diverse in termini di fabbisogni insulinici.
Bhhaa dilemmi questi da microinfusi che avrebbero potuto smanettare a piacimento sulla curva d’erogazione della basale, a me sarebbe bastato iniettarmi 2U in meno del solito alle 21 della sera e non avrei avuto nessun problema di sorta. Ma cosi non è stato.
Al momento del mio ritiro dopo essermi scolato una borraccia intera di integratore salino durante la salita al Monte Cornetto nel tentativo di riacquistare energie rilevo finalmente una glicemia (186mg/dl) che attesta il mio status di persona (non atleta) con diabete.

CONCLUSIVAMENTE:
Dopo il ritiro ero convinto di aver fatto la scelta giusta, il mio leitmotiv era: "Che senso aveva continuare!"
Ero contento, assonnato e spensierato nel mio status di quitter. Ero quitter a testa alta. E lo sono rimasto fino alle 20.30 della sera quando parlottando con i VTR nostri compagni di viaggio, Simone, che ha concluso la sua fatica in 18 ore e 3 secondi, risponde ai miei sproloqui da quitter a testa alta con poche ma emblematiche parole: "Si ma dov’è lo spirito trail nelle tue parole". E li ho iniziato a capire quanto ero stato superficiale nella mia scelta di abbandonare.
Avevo già superato almeno due crisi (mentali più che fisiche) e avrei dovuto superare anche quella accadutami al passo di Campogrosso, avrei dovuto lasciarmi alle spalle al più presto il ristoro con la sua bella baita, il suo fantastico pulmino per ritirati, il vociare festante dei montanari finti, i ciclisti intenti a bere birra ed i fiumi di carne alla brace.
Voltare le spalle al finto benessere del quitter ed immergermi nella solitudine del sentiero che si arrampicava sul Monte Carega, far fronte con decisione ai pensieri negativi e prendere atto del fatto che il mio corpo in definitiva stava rispondendo egregiamente agli stimoli del lungo cammino, non avevo nessun dolore o fastidio grave e la velocità di percorrenza era quella adeguata ad un cammino di 80km e 5500mt di dislivello, non c’erano record da battere e non ci sarebbero stati problemi se fossi transitato ultimo sotto al traguardo, mi avrebbero acclamato come hanno acclamato Kilian.
E così mi ritrovo qua a sospirare ed attendere un’altro anno prima di poter salire di nuovo sul monte Carega per poter concludere una partita iniziata il 27 luglio 2013.




"LENTAMENTE FINISHER"
testo di Cristian Agnoli

Lentamente Finisher, ma Finisher … ben 17 ore 06 primi per "soli" 80 km e 5500d+.
Da Kilian, il vincitore, ho beccato più di 8 (!) ore (altro che 3 o 4), non ho saputo gestirmi nella prima metà e non ho avuto quel "controllo" del mio corpo e del gesto atletico che auspico, a questo punto, invano!
Alla Trans D'Havet era importante chiudere "integro", e in questo almeno sono riuscito, ma certo speravo di poter conciliare integrità con gratificazione prestazionale. Così è andata, non mi resta che fare tesoro di questa esperienza e delle lezioni che mi ha impartito.
Lo status di FINISHER è sempre una meritata ricompensa e in ottica UTMB ho ancora un mese abbondante per correggere alcuni errori, credo più tattici che strategici.

ATLETICAMENTE: dal punto di vista atletico-prestazionale sono ASSAI insoddisfatto. Ci ho impiegato una vita, e pur sapendo che il mio roadbook previsionale era MOLTO ottimista, contavo di stare con una certa TRANQUILLITA' tra le 14 e le 15 ore. Anche alla luce dei tanti allenamenti e del mazzo che mi sono fatto in questi 3 mesi.
Le condizioni climatiche con elevato tasso di umidità della notte e caldo sahariano di giorno non erano certo ideali e l'elevato numero di ritiri lo dimostra. Tuttavia i tempi ottenuti da molti atleti (e non mi riferisco agli extraterrestri spagnoli) provano che era possibile anche con questa situazione portare a termine una gara con performance importanti.
Nelle prime due salite e discese al buio sono andato discretamente: ho dovuto gestire solo un problema con la lampada frontale che si spegneva sempre ad ogni balzo in discesa. Ma l'alba è arrivata in fretta per fortuna a illuminare il cammino.
Ero convinto di essermi gestito abbastanza bene visto anche il passaggio al primo punto controllo di passo Xomo, di qualche minuto superiore allo scorso anno, e con apparente brillantezza di spirito e di gambe.
Un po' di fatica nei primi 300 mt di dislivello sulle 52 gallerie, ma poi mi sono ripreso e ho scollinato in spinta illudendomi un po'. In una delle cinquantadue gallerie ho preso anche una craniata. Un po' di ghiaccio istantaneo e tutto a posto: nessuna conseguenza, bernoccolo a parte.
Male in discesa dove mi sono letteralmente piantato sia nei tratti facili sia in quelli tecnici.
Da metà gara in poi niente da fare. Mi sono trascinato. Nemmeno l'essere stato raggiunto da un paio di miei compagni di squadra mi è servito. Quando sei finito, gli incoraggiamenti servono a poco.
E poi i primi sintomi di nausea e inappetenza prima dell'impegnativa ascesa a Cima Carega (quasi 1000 mt di d+ irto ed esposto al sole).
La tentazione del ritiro è stata forte. Ho poi deciso di dare un senso diverso alla mia partecipazione, stimolato anche da un sms di incoraggiamento della mia dolce metà.
Svanita ogni velleità prestazionale mi sono concentrato su come uscire da una crisi di questo tipo.
Una pausetta strategica all'ombra di circa 25 minuti prima di affrontare il macerato che sale a Cima Caregasi è rivelata fondamentale. Ho preso un biochetasi, ho mangiato con infinità difficoltà un pacchetto di cracker masticando molto lentamente, mi sono raffreddato polsi, testa e caviglie e mi sono sentito resuscitare.
Solo questa sosta mi ha consentito poi di arrivare ai 2200 mt di Cima Carega altrimenti non so come ne sarei uscito.
Ho poi sbagliato nuovamente perché appena mi sono sentito meglio invece che procedere tranquillo e aspettare tratti più favorevoli per corricchiare ho voluto riprovare a spingere e al successivo punto di ristoro mi sono ritrovato di nuovo con una lieve ma persistente sensazione di malessere.
Qui ho meditato nuovamente il ritiro, ma poi facendo ricorso a calma e perseveranza mi sono concentrato sul cosa fare.
Purtroppo i ristori non offrivano cibi a me graditi e mi sono arrangiato con quello che avevo al seguito e non dimenticando mai di bere e bagnarmi. Peccato che non ci fosse un filo d'ombra dove ripararsi.
Il finale è stato infinito ma alla fine ho capito che ce l'avrei fatta perché comunque le gambe mi reggevano e anche camminando tenevo i 5 kmh di velocità.
Una lieve brezza per fortuna ci ha accomagnati almeno in quota.
Discesa infinita, a tratti tecnica. Se corri arrivi in un attimo, se cammini bisogna armarsi di pazienza e provare a corricchiare appena la testa e le gambe te lo consentono.
Negli ultimi 10 km ho alternato corsa a camminata e l'ultimo km ho corso giusto per onorare lo status di finisher!
Muscolarmente non sono arrivato esausto. Un lieve dolore all'alluce del piede dx complice un colpo di punta preso contro un sasso. Per il resto solo stanchezza da privazione di sonno e da comprensibile fatica, ma a livelli sopportabili.
Debbo probabilmente rivedere qualcosa nel mio atteggiamento in gara (questo è il rischio che si corre quando si fanno poche competizioni e ci si allena tanto: si perde l'abitudine al clima "competitivo" e ci si lascia un po' prendere), imparando a seguire più i miei ritmi e a non guardare alle lucette avanti a te e a contare quelli che superi. Non ho mai esagerato, ma quando sei al limite bastano pochissimi minuti fuori giri per pregiudicare tutto il resto.

Finisher "senza gloria e senza infamia" dunque … consapevole che posso fare meglio, ma un po' preoccupato in ottica UTMB dove i km e le ore saranno molte di più e se non saprò far fruttare il lavoro svolto con una condotta più avveduta, ci lascio le penne! (in senso figurato ovviamente).
Sicuramente non è facile quello che mi accingo a fare e gli imprevisti e le giornate storte fanno parte del gioco. Tuttavia mi aspettavo una condotta di gara diversa, e più in "controllo": esattamente come non volevo, mi sono trascinato al traguardo.
Appena conclusa la gara, ho pensato tra me e me … "inutilmente finisher". A cosa serve finire così? 
Nelle ore successive ci ho riflettuto su e ho rivisto la mia posizione. E' stata un'esperienza dura ma educativa. Mi sono trovato a gestire parecchie difficoltà e bene o male le ho risolte tutte (a parte l'efficienza della performance, ma forse era chiedere troppo!)
Bisogna rimanere coi piedi per terra e accontentarsi di quello che arriva e gioire per quello che si riesce a fare. Sicuramente debbo essere più determinato ma anche più controllato. Una partenza più prudente ancora mi avrebbe fatto bene, considerato che le condizioni climatiche erano a me non gradite e lo sapevo ... trailstordito!
Debbo trovare più tempo per pensare e ragionare sia prima, sia durante la gara e far fare alle mie gambe quello che la ragione suggerisce, lasciando a casa orgoglio e sogni di gloria.
CRISIS MANAGEMENT … l'unico aspetto veramente positivo di questo tribolato trail è rappresentato dalla capacità che ho avuto di gestire una crisi, fermandomi e ripartendo una volta rinvigorito. Vietato andare avanti a testa bassa e/o spenta. Questa è una capacità che va allenata, anche se la cosa migliore sarebbe lavorare sulla "crisis prevention" secondo il detto "prevenire è meglio che curare".
Questa volta, diversamente dal Verdon, ho avuto la pazienza necessaria e soprattutto una base di preparazione alle spalle che, nonostante stanchezza e pessime sensazioni, mi permetteva di giungere all'arrivo.

7a partecipazione a un ultra … 4 finiti, 3 non terminati. Per lo meno il conto ora è in attivo, ma altri sono i numeri e diverse le soddisfazioni che ricerco da questo tipo di esperienza sportiva.
Un pensiero all'amico Grip che sicuramente è stato un po' frettoloso e troppo razionale nella scelta di ritirarsi … ma non eravamo qui per fare record o battere primati. L'unica cosa che avremmo voluto veramente, oltre a finire entrambi, era di non essere i soli e i primi (atleti con diabete) a provarci … ma mi sa che invece è andata proprio così. Ma alla provvidenza non poniamo mai limiti!
Pur avendo impostato una preparazione orientata alle lunghe distanze, mi ritrovo oggi più atleta veloce e meno atleta di endurance. Ovvero la velocità ascensionale e i ritmi che reggo in allenamenti breve mi illudono forse di poter sostenere un passo che in realtà non è alla mia altezza … e poi l'ultratrail presenta il conto. Ho verificato sulla mia pelle che non reggo VAM superiori a 700 su un ultratrail, almeno allo stato attuale.
Ma non disperiamo … ho ben gestito carichi e scarichi, devo imparare anche a rispettarmi di più nei giorni e nelle ore precedenti una gara, arrivandoci più riposato e rilassato soprattutto mentalmente e così poi controllare meglio tutti gli aspetti quando mi trovo in azione o per lo meno farlo più naturalmente.
Bene così e speriamo anche in un pizzico di fortuna che non guasta mai, magari nel beccare un picco di forma proprio l'ultima settimana di agosto!!!!
Resta il piacere del trail e di una trasferta condivisa a tutti i livelli (famiglia, amici, compagni di team,  fedelissimi DNL e relative consorti): lo spirito, la battuta, la voglia di riprovarci. Vedremo cosa sarà di me: andiamo avanti!

METABOLICAMENTE: posso parlare relativamente dell'aspetto metabolico perchè dalle 8 di mattina alle 18 di sera non ho potuto effettuare rilevazioni glicemiche avendo perso la bustina con le strisce per una mia distrazione. Sarà bene per la prossima volta tenere due bustine in due posti diversi così da diversificare il rischio :-)
Rimando al book piuttosto preciso con le seguenti precisazioni: basale ridotta del 20% e bolo della cena a 3h30 dallo start.
Ho gestito male le prime due ore di gara dove ho ritardato troppo la prima integrazione, pur avendo programmato di mangiare dopo non più di 20-30 minuti dal via in considerazione di: timing del bolo e impegnativo 1000 d+ tutto d'un fiato.
Sono rimasto un po' deluso dai ristori solidi con pochi cibi a me graditi e palatabili e l'assenza di pane, pasta o similari.
Per il resto non ho avvertito altre defaillance imputabili alla gestione strategica di integrazioni e insuline, ma si tratta di mie percezioni senza la controprova dell' "autocontrollo glicemico".
Non rilevo nessuna correlazione tra scadimento della performance e gestione metabolica.
Come detto ho corso per 10 ore alla cieca fidandomi della mia esperienza e delle mie sensazioni. Sono andato un po' di conserva e non ho fatto la seconda iniezione di basale "detemir" (quando invece avrei dovuto come in tutte le altre uscite fatte), ma ho preferito un atteggiamento eccessivamente "prudente" visto che non avevo riferimenti "glicemici". Lo considero un errore visto che avevo sufficiente lucidità, background e determinazione per gestire con piglio più deciso la mia terapia insulinica e le integrazioni.
Il 265 mg/dl di glicemia finale sicuramente mi annovera tra i campioni dell'alto e sicuro.
Situazione rientrata dopo iniezione di basale e bolo al pasta party e tale rimasta nelle successive 12-24 ore (mentre scrivo queste righe).
Oggi, visto come è andata, era importante avere la confidenza e la testa per gestire la fatica e l'arrendevolezza senza andare nel panico.
Ma se alle spalle hai tanti test, riesci a sfangarla e con ampi margini di sicurezza. Vedrete che non mi capiterà più di perdere le strisce. Anzi nel prossimo lungo, l'ultimo prima del Monte Bianco, verificherò anche i chetoni con apposito strumento appena pervenutomi, accontentando così alcune richieste del mio informale ma preparatissimo e affezionatissimo team diabetologico, che spero di non aver deluso troppo con questa mia performance opaca.


***

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START H 1.00 A.M. 27.7.13

I vertici DNL (presidente e vice-presidente) alla TRANS D'HAVET 2013 ...
Per la prima (?) volta due trailrunner con diabete di tipo 1 al via di un ultratrail ... e chi se ne frega!
Al Grippo e Cristian Agnoli alla partenza e sperabilmente all'arrivo! Finishers?
DNL Mission @ TDH:
"Per annullare il bisogno di essere i primi a fare qualcosa nel mondo del diabete
e magari scoprire alla fine che non eravamo i primi e nemmeno i soli!
"

 

> CRISTIAN AGNOLI • 80K • 5500 d+ • CONFERMATO
> AL GRIPPO • 80k • 5500 d+ • CONFERMATO


ANTEPRIMA GRIP
testo di Alessandro Grippo, DMT1 • AREZZO

Ricordo ancora come fosse ora i miei insegnanti di scuola che tutte le volte, in occasione dei colloqui con i genitori, mi ammonivano dicendo “Alessandro va bene, ma non si impegna, potrebbe fare molto di più”.
E anche stavolta probabilmente andrà a finire così.
Arriverò in fondo a questa esperienza, con la consapevolezza di aver fatto il minimo indispensabile per ottenere il miglior risultato possibile in rapporto all’impegno profuso.
Fino ad un mese della gara mi allenavo senza obiettivi, ma con profitto e gusto, 4/5 volte la settimana con la solita alternanza trail/MTB.
Nelle ultime settimane, dopo che un’anonimo benefattore mi ha donato l’iscrizione al mio primo Ultratrail le cose sono un po’ cambiate e la voglia di allenarsi è parecchio scemata: sono comunque riuscito a svolgere egregiamente e con gusto inaspettato 2 lunghi nel giro di 7 giorni, uno di 50km 2000mt D+ in compagnia (http://connect.garmin.com/course/4141426) il sabato 6 luglio ed uno di 60km 2700mt D+ da solo (https://connect.garmin.com/activity/341724831) la domenica 14 luglio.
Su questi due allenamenti punto tutto.
Mi presento al via della Trans d’Havet forse in grado di terminarla sotto le 17 ore.
Detto questo dietro questa affermazione ci sono una moltitudine di dubbi, in primis mancano all’appello dell’allenamento più lungo svolto almeno 2700mt di dislivello e 20km: conto di trovarli nella differenza sul ritmo tenuto negli allenamenti lunghi e quello che dovrò tenere in gara che è di almeno 3’30’’ al km più alto.
Il dislivello della gara pari a 5500 mt è uno dei miei crucci più grandi, mi sembrano veramente un’infinità, dovrò essere attento alle velocità ascensionali, non posso permettermi di salire oltre i 500-600 mt/hr se non voglio saltare a metà gara.
Un altro dei lati oscuri è la notte (doppi sensi inclusi), non avendo mai svolto allenamenti in notturna non ho alcuna idea di come reagirò mentalmente a marciare 4 ore nell’oscurità. Conto molto nel fattore compagnia degli altri partecipanti.
Avrò poi da affrontare la privazione di sonno, a cui sono preparato dai turni di notte fatti sul lavoro.
Il caldo previsto mi preoccupa relativamente poco, lo sopporto bene, dovrò solo essere molto attento nell’idratazione.
Ho già definito in linea di massima quale sarà il mio equipaggiamento anche se mi rimangono alcuni dubbi che conto di sciogliere al mio arrivo a Garda grazie alla consulenza presidenziale di Cristian.
Le calzature saranno le Brooks Cascadia 8 seminuove con cui ho corso solo 4 lunghi e che mi ero fatto appositamente regalare dalla mia adorata mogliettina proprio per quest’occasione: a me non danno i problemi di disintegrazione della suola che danno a Cristian.
Abbigliamento costituito da pantalone tre quarti Salomon, cappellino Salomon e immancabile maglia Raidlight Diabete off road che mi ha fedelmente accompagnato in tutte le mie esperienze trail e che probabilmente ho scelto di indossare, anche se un pò pesantuccia, più per un fatto scaramantico che per altro.
Lo zaino che porterò lo devo scegliere tra il Camp Trailvest ed il Ferrino X-trail, il Camp è un po’ largo e quindi ballerino e ha gli spallacci irrigiditi da una stecchetta di plastica che a volte mi ha dato fastidio; il Ferrino è un nuovo acquisto, l’ho utilizzato negli ultimi due lunghi e non mi sono trovato male ma ha delle note dolenti che non mi convincono: ha un solo portaborraccia, ed è costituito da un materiale tipo k-way che nell’ultimo lungo mi ha fatto sudare dalla schiena come un koala, e dato il caldo previsto la cosa mi preoccupa non poco.
Di sicuro qualsiasi zaino adotti lo doterò di una riserva idrica costituita da camel back da 1,5 lt riempito con acqua oltre che a 1 o 2 borracce riempite con sali minerali. Sono molto indeciso sull’uso dei bastoncini, i pro: mi allevierebbero il lavoro della schiena; i contro: non sono allenato ad utilizzarli.
Mancano pochi giorni al via, ho un po’ di paura, ma son sicuro che mi divertirò, oltre ad aggiungere un altro tassello al percorso di conoscenza di me stesso.
Fuori da luoghi e tempi conosciuti, solo lì possiamo scoprire ciò che di noi non sappiamo, di questo sono fermamente convinto ed è questo che mi spinge fuori sempre un po’ più a lungo e sempre un po’ più lontano.

ANTEPRIMA ISSIMO
testo di Cristian Agnoli, DTM1 VERONA

TDH 2013 … dopo il ritiro dello scorso anno, e dopo tante esitazioni legate a impegni professionali e "ideale percorso di allenamento per il Monte Bianco" ho deciso di esserci. Un po' per incassare il conto in sospeso (ma senza rancore) un po' per mantenere l'abitudine all'effetto pettorale. Sto facendo poche gare ed è un attimo farsi prendere dalla scimmia del fuoriclasse, dell'outsider che nessuno conosce e fa l'exploit. Roba da ragazzini, non da 42enni maturi e consapevoli!
Quest'anno parco partenti di primo livello, in primis il grande Kilian. Sarà bello avere un'idea di quanto distacco prenderò dal più forte trailrunner di tutti i tempi!
Pronostico: almeno 3 ore, spero non più di 4! Scommetto 1 euro!
Ho impostato 10 giorni di semi-recupero, senza forzare e soprattutto limitando le ore di uscite per arrviare fresco (di gambe e mentalmente) alla corsa. Ho però effettuato alcune trasferte e altre incombenze varie che mi hanno un po' stancato e stressato anche se reggo bene in efficienza. Ma spesso il cervello ci nasconde o non vuole avvertire i segnali che il corpo ci manda. Dunque relax e riposo. E magari un po' di stretching che da mega somaro quale sono ho abbandonato nelle ultime settimane appena ho sentito che le ginocchia andavano meglio.
Mentre scrivo questa "anteprima emozionale" avrei voluto avvertire maggior brillantezza e fiducia nei miei mezzi, ma, anche in base a quanto appena detto, spero di ritrovarla nei giorni a seguire e soprattutto sabato alle h 1,00 e nelle successive 12-14 ore.
Sono preparato e ci debbo credere: ho macinato sufficiente chilometraggio e dislivello, ho testato attrezzature, scarpe e resilienza e dunque arrivo pronto per affrontare questa distanza in tempi onorevoli, magari non quelli del mio roadbook emozionale, ma conto di avvicinarmi.
Per la mia preparazione clicca qui [LINK]
Per la calzatura, andrò con le Cascadia 7. Zaino Olmo 5, doppia lampada frontale, bastoncini e abbigliamento leggero anche se si vocifera di una invasione di "zecche"  nei tratti erbosi.
Quindi forse calzettone lungo o pantalone tre quarti almeno per la notte.
Questa volta "vietato ritirarsi" o non mi sarà più consentito rientrare a casa. La mia compagna mi ha avvertito! Tutti questi sacrifici, trascuratezza verso la famiglia e i doveri di padre e compagno … almeno finisher altrimenti sono guai!
Unica incognita il caldo africano annunciato e notoriamente a me e al mio fisico poco gradito.
Mi auguro di tradurre in fatti i fiumi di parole e di esperienza di queste settimane sapendo gestire anche situazioni sfavorevoli.
Dovrò essere bravo ad affrontare la notte umida e calda e a sopportare il finale con temperatura percepita annunciata di 37° gradi, quando si scende in quota. Le valli vicentine possono rivelarsi delle trappole di arsura.
Se ben saprò gestirmi nella prima metà, poi potrò anche pensare di provare a fare la gara: arriverò stanco e sfinito ma spero in controllo, soffrendo il giusto e godendo del piacere che si prova non tanto nella fatica, ma nel recuperare dalla fatica!
Altra grande gioia, condividere il mio status di FINISHER con l'amico Al Grippo cui ho fatto un bel regalo di compleanno iscrivendolo alla sua prima Ultratrail.
Il tutto per mettersi alla prova facendo quello che ci piace fare, ma, come ribadito nella DNL Mission per la TDH, "senza il bisogno di essere i primi a fare qualcosa nel mondo del diabete e magari scoprire alla fine che non eravamo i primi e nemmeno i soli!"
"Comunque vada sarà un successo" dice sempre il mio amico Pippuzzo … e io aggiungo … comunque vada, se non per le mie, godrò almeno delle gioie altrui!
Lo sport questo dovrebbe insegnare: accettare i propri limiti e le proprie sconfitte e gioire della compiutezza e dei successi degli altri!

Previsioni meteo ... hot hot hot!



Mappa percorso


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Issimo > Roadbook tecnico
(per tempo finale di 13 ore e 30)

 



Materiale obbligatorio:
- borraccia o altro contenitore con minimo 1 litro d’acqua,
- lampada frontale funzionante, con pile di ricambio,
- telo termico di sopravvivenza,
- fischietto,
- giacca a vento atta a sopportare condizioni di cattivo tempo in montagna del peso minimo di 200 grammi,
- pantalone lungo almeno fino a sotto il ginocchio,
- maglia a maniche lunghe,
- cappello o bandana,
- bicchiere personale di capienza minima 150 cc (la borraccia se a tappo largo è valida come bicchiere).
Materiale fortemente raccomandato:
- scarpe da trail running,
- telefono cellulare (inserire il numero di soccorso dell'organizzazione, non mascherare il numero e non dimenticare di partire con la batteria carica),
- carta del percorso pubblicata sul sito della corsa,
- indumenti caldi indispensabili in caso di tempo previsto freddo,
- banda elastica adesiva adatta a fare una fasciatura o strapping.
Il contenitore da 1 litro d’acqua dovrà essere pieno alla partenza ed all’uscita dai punti di ristoro.
Il concorrente che desidera utilizzare i bastoncini deve tenerli con sé per tutta la durata della corsa.