20° km ...
Issimo (Cristian Agnoli, DM1, Verona) conquista la 18a posizione assoluta (17° maschile) nell'impegnativo trail sui promontori dell'est veronese.
A breve la cronaca completa come sempre correlata di dati metabolici, fotografie, divagazioni filosofiche e cazziatoni in libertà !
> TRAILISTICAMENTE: Quando lessi 34 km e 1950 d+ pensavo ad un arrotondamento per eccesso da parte degli organizzatori giusto per rendere più "credibile" questo trail sui Monti Lessini Orientali veronesi. Guardando ai tempi dello scorso anno, in maniera molto sommaria, desumevo fosse decisamente più filante. Invece l'edizione 2012 MTSB è un trail vero, con erte impegnative anche se non a quote elevatissime (945 mt slm) e dove l'asfalto è limitato a brevissimi tratti di raccordo. Certo non presenta paesaggi mirabolanti e atmosfere magiche da creste e boschi montani, ma ha una sua pacata bellezza. Rari i passaggi tecnici soprattutto nelle poche e brevi discese. Corsa dove è prevalso il d+ con strappi decisi e taglia gambe: servono capacità di cambio di ritmo tra tratti scorrevoli e irti, doti di rilancio dell'azione e di recupero, gestione delle forze per non arrivare sulle gambe. Qualità che vanno allenate e sviluppate.
Mi aspettavo una giornata di pioggia e freddo, invece il tempo ha tenuto. Non ho avuto la freschezza e la lucidità necessarie per godere della vista in lontananza sulle Piccole Dolomiti, ma quando il percorso lo permetteva ho gustato i colori e i paesaggi della campagna collinare veronese. Il fango ha rappresentato un problema relativo e solamente dai 2/3 di gara in poi e per brevi tratti. Una fune opportunamente fissata ha consentito di superare con facilità l'unico passaggio ostico. Si è rivelata a mio avviso azzeccata la scelta di una calzatura non specialistica, ovvero una A3 ben ammortizzata. Mi sono affidato alla Brook Glycerin, anche se forse la suola di una Pegasus era più adatta. A mio avviso il confort e l'ammortizzamento in questa situazione erano preferibili a grip e robustezza. Molto bello il single trek nel finale che porta in centro a Bolca circumnavigando la collinetta che sovrasta l'abitato. Un trail che forse non entrerà nella storia di questa disciplina, ottimamente tracciato: comunque un ottimo banco di prova per l'avvio al trailrunning oppure per runner che non amano le discese difficili, i percorsi esposti, le salite troppo lunghe e ripide, ma vogliono comunque provare l'esperienza della corsa in natura.
A sx: Arrivo • A dx: Radicali liberi... la faccia che fai dopo un trail! Soddisfatto ma rugato!
> ATLETICAMENTE: Alti e bassi mi hanno portato a questo trail, cui fino all'ultimo non sapevo se partecipare anche perchè, in teoria, sto preparando la maratona di Copenhagen del 20 maggio. A 15 giorni ho dunque fatto una scelta scriteriata che non ha alcun senso "atleticamente" parlando. Pur in buone condizioni, non riesco a maturare quella "continuità " che ricerco. Ma si spiega anche con il fatto che sto mischiando lavori dedicati alla maratona con divagazioni trail estemporanee, a volte impegnative, che vanno a vanificare spesso il consolidamento della mia velocità di base. Non avevo voglia però di un ennesimo lungo su asfalto e non ho resistito al richiamo delle sirene del trail.
Mi ero riproposto di condurre la gara con un occhio al cardio mantenendo frequenze intorno a 165/170 max in salita e 155/160 nei tratti scorrevoli, sfruttando la scorrevolezza sviluppata con gli allenamenti specifici di maratona per difendermi invece in salita, senza esagerare e senza affaticare troppo i muscoli. In realtà da subito ho visto che le frequenze erano molto più alte del previsto con un percorso molto più impegnativo rispetto alle mie distratte valutazioni: praticamente ho fatto "la gara" mantenendo però la strategia impostata di "non forzare troppo". Dal 15° km in poi non sono più riuscito a correre come avrei voluto e ho perso brillantezza anche muscolare. Evidentemente sono andato fuori giri. Faticavo in salita nonostante i ritmi blandi e nei tratti corribili la falcata si è fatta pesante e meno efficace. A 5km dalla fine sono stato raggiunto dalla prima delle donne e ho provato a restare con lei. A un certo punto mi sembrava anche di avere un po' di margine per recuperarla, ma ho iniziato a sentire un cenno di crampi agli adduttori di entrambi le gambe e al quadricipite destro (quello sano in teoria). Ho dunque tirato i remi in barca e chiuso la prova mantenendo la posizione. Non riesco a valutare bene la mia prova. Sono convinto di non essermi espresso al meglio, ma tutto sommato, a parte la corsa sulla neve di 2 mesi fa (il ritorno dopo l'infortunio), non avevo più corso un trail competitivo. 18° assoluto, vabbè, per quel che vale. 3h31 e spiccioli a frequenze intense spero mi diano un po' di fiducia e maggior capacità di reazione nelle prossime gare, in particolare a Copenhagen, dove, al di là del riscontro cronometrico, voglio concentrarmi sulla capacità di reagire alla crisi e alle difficoltà . Stringere i denti e non arrendermi ai primi segnali di difficoltà . Quindi occhio alla strategia di gara e alle motivazioni, attenzione a cardiofrequenzimetro e al battito cardiaco, ma senza dimenticarmi di correre con il cuore … RUN AS YOU ARE significa anche questo.
Non credo che questo trail abbia cambiato il mio destino in ottica Copenhagen, nel senso che quest'anno, me la debbo mettere via, non ho avuto il tempo e la testa per lavorare pienamente al ritorno alla velocità . Senza qualche mezza su asfalto è dura per me ritrovare un certo tipo di scorrevolezza. L'unico modo per reggere i 4'15 al km a Copenhagen è sperare in una giornata di grazia, in un percorso che con tutte quelle curve non misuri 500/600 metri di più …. ma vedremo. Ribadisco di essere più concentrato sulla gestione della gara da un punto di vista fisiologico e mentale rispetto al mero risultato cronometrico. Ad oggi valgo 4'18 al km in maratona, ovvero 3h02. Provare a fare meglio è possibile, ma corro il rischio di finire in 3h10… rischio che correrò!
> METABOLICAMENTE & NUTRIZIONALMENTE: Invariata la basale della sera precedente, mantenuta ai miei livelli standard di 11 u (detemir). Ho avuto un inaspettato risveglio sui 200 mg/dl e dunque ho cambiato strategia. Invece di saltare la colazione, come previsto, in luogo di un rompidigiuno prima della partenza a zero bolo, ho fatto una colazione leggera (35 gr di cho circa) per 2 unità di bolo (il mio i:cho a colazione si aggira intorno a 1:18/20) a circa 2h40 dall'orario di partenza della corsa. A mezz'ora dal via ho riverificato la glicemia e stavo ancora a 200. Pensavo di essere un po' più basso. Sono dunque partito come ero, con l'accortezza di una mini integrazione dopo 45' di 5 gr in forma di miele per coprire l'eventuale coda d'azione del bolo. Successivamente ho iniziato a integrare dall'1h10 di gara a piccole dosi. Purtroppo ho avuto una specie di rifiuto per gli integratori dolci e un senso di disgusto al palato pur volendo bere qualcosa di diverso dall'acqua. L'unico mio desiderio era gustarmi la coca-cola in mini lattina che avevo consegnato alla mia compagna e su cui contavo al ristoro del 20° km giusto per sfruttare l'effetto "sturatutto" della vituperata bevanda della multinazionale americana. Peccato che Mitch se la sia scordata in macchina. Ho dovuto compensare con la "Ben Cola" e l'aranciata da discount presente ai ristori: tutta un'altra storia di gusto però!
Ho integrato anche con una barretta della Enervit gommosa ma buona e una, gommosa ma disgustosa, della Melinda, nel finale. Insomma da un punto di vista delle integrazioni non ho avuto soddisfazione al palato, anche se glicemicamente ho finito con un ottimo 101 mg/dl stabile e con buone gliemie per il proseguio della giornata senza code ipo/iper glicemiche. Non ho effettuato controlli nel durante pur avendo al seguito il glucometro. Sto cercando di imparare a riconoscere e scindere i sintomi di stanchezza atletica ed esaurimento muscolare, da problemi di glicemia, che in effetti non riscontro che occasionalmente e rarissimamente in attività fisica. Farlo anche in ambito agonistico è più difficile, ma bisogna sperimentarsi anche in situazioni di "gara".
Nutrizionalmente, in gara, ebbo trovare qualcosa dal sapore diverso, meno dolce, meno stucchevole, più accettabile dal mio sistema palato-stomaco-intestino. Ma in gare condotte comunque in ritmo ho meno frecce al mio arco nutrizionale, come magari capita su distanze più lunghe che consentono anche di procedere masticando e assaporando cibi solidi e salati, e ogni tanto, gustarsi anche una birretta.
Birra che non mi sono fatto mancare al pasta party, ottima pastasciutta: ma qui sono abituati a dare da mangiare a 20000 persone alla volta, quando cucinano per 200 ci trattano come al Ritz.
Metablicamente oramai so gestire tutte le situazioni e dunque il mio obiettivo è di fare il mio
dovere/piacere atletico con glicemie entro range accettabili. Il mio obiettivo dunque non è portarmi (cd iperpilotata) a una glicemia alta, ma gestire una glicemia stabile con valori normali (80-140). Per questo non amo presentarmi al via con valori tendenti all'iper.
In ogni caso la filosofia del conoscersi implica che posso gareggiare con qualsiasi valore glicemico, premesso che una mera valutazione solo dell'aspetto glicemico è una stronzata se non collegato a terapia in atto, timing, consumi energetici, substrati energetici e quella indispensabile lucidità mentale che ci permette di ragionare ed agire correttamente anche in momenti di tensione e sforzo sfinente.
> MENTALMENTE: Trail vuol dire cercare in se stessi risorse che non supponiamo di possedere, Trail vuol dire un po' di fierezza e tantissima umiltà . Esattamente quello che non ho fatto in questa gara. Nonostante non avessi obiettivi e fossi estremamente rilassato in partenza, a meno così mi sembrava, ho corso con "cattivi pensieri", in "attrito" con me stesso e le mie motivazioni. Non ho mai avuto quei positivi effetti che riscontro quando corro e mi alleno, continuamente indeciso tra il concentrarmi sul gesto atletico, senza pensare ad altro, o se puntare l'avversario avanti a me o chissà quali altri tormenti. Mi faccio schifo quando corro così, mi sembro uno dei tanti "podostorditi" che cazzio da sempre, con o senza diabete. Il famoso "rancore" che subdolamente si risveglia mentre predico e vorrei essere interprete della corsa in pace con noi stessi.
Le cattive sensazioni in gara si sono disciolte però all'arrivo. Sarà per la presenza della mia compagna, sarà per la cordialità dell'ambiente trail e degli altri runner, Michele in primis, ma le endorfine, assopite dagli attriti dello gesto atletico e della mascella tirata, si sono liberate a profusione appena passato lo striscione di arrivo. Bello anche il rientro alla partenza, con l'onore di avere in auto il primo classificato, Simone Wegher oltre al quarto (Cazzola) e al quinto (Mik). Misteri e magie dello sport. Probabilmente avevo solo bisogno di mettere nuovamente sotto stress positivo il mio fisico …
"W la fatica, baluardo dove l'uomo moderno ritrova un po' di pace"!> CAZZIATONAMENTE: Inauguriamo la nuova sezione auspicata dallo zoccolo duro DNL, ovvero i CAZZIATONI IN LIBERTA'. Oramai provo quasi disgusto a sentir parlare di "atleta con diabete" o "atleta diabetico" nel senso che ambire allo status di atleta con diabete è limitante e squallido se non lo si interpreta in senso più ampio. Io ho scelto di essere riconoscibile come persona/atleta con diabete per diventare irriconoscibile e confondermi, gioiosamente, in mezzo agli altri, in ambito sportivo, professionale, interpersonale etc … tutti sanno che ho il diabete, ma nessuno se ne accorge. W Dio. Non perché mi vergogno del mio diabete, ma perché ho imparato a gestirlo e non lo considero nè una scusa per un insuccesso, nè un motivo per ricevere un trattamento di favore, nè ragione per creare stupore o meraviglia, nè motivo di autostima o status sociale. Ancor meno compassione.
Invece vedo sempre più affermarsi in giro lo status di persona con diabete o atleta con diabete.
"Diab-esisto dunque sono" … insomma quasi che senza diabete non avremmo "cittadinanza" e nessuno ci cagherebbe di striscio. Lo status di persona con diabete è un punto di partenza, non di arrivo. Forse sono un visionario ... quando a malapena c'è chi riesce a passare da "paziente afflitto" a "persona con diabete" ... e già gli pare di aver fatto un mezzo miracolo!
Lo slogan e il logo I LOVE LINA INSU campeggiano oramai su maglie e siti internet di diverse realtà con una interpretazione e una mistificazione del messaggio che mi crea amarezza e delusione, in particolare quando si opera per un supposto aiuto al diabete in età pediatrica. E' un amore disperato per l'ormone salvavita, quando invece serve amore consapevole.
Forse con troppa leggerezza abbiamo consentito ad altri di usare i nostri slogan e la nostra creatività . Ma la realtà è questa. C'è chi vive il diabete in maniera disperata e totalizzante, e ci possono mettere tutta la tecnologia, le risorse, i sorrisi e gli slogan del mondo, ma rimarranno dei disperati. Il problema è che nessuno glielo va a dire perché teme di ferirli. Invece bene faremmo tutti ad essere più risoluti nel mandarci dei bei e sani "cazziatoni" … altro che "tutti uniti per il diabete" … siamo ridicoli. "Il diabete non è una scusa!" anche quando la malattia colpisce in età giovanile o infantile e devasta l'equilibrio di una famiglia. Bisogna reagire e ragionare, sempre! Non sbracare!
This is the end … (W Oscar Giannino!) mi fermo qui, ma è giunta l'ora di realizzare il mio sogno di intervenire nudo a un convegno di diabete, mandare tutti a quel paese e uscire tra gli applausi. Non l'ho fatto durante l'intervista di fine gara a Bolca con il bravo e gentile speaker locale, anche se ho ribadito che il mio/nostro obiettivo è quello di guadagnarci il diritto a giocarcela alla pari degli altri, alle stesse regole.
Se a noi costa più fatica, per oggettive ragioni di autocontrollo e terapeutiche, è un nostro problema… non di chi corre con noi. Farlo sapere è importante, ma è importante ancor più far sapere COME ci gestiamo …
il "si può" non basta più, è "il come" che conta.
Serve una nuova cultura del diabete per andare oltre il diabete. Potrei sembrare un demagogo qualunquista e superficiale, un Masaniello del diabete … credo invece di non mandarle a dire. Non sarà un segno di pace sociale o diplomazia, ma io non faccio politica, non cerco poltrone o carriera e dunque non vivo di consenso, ma di entusiasmo e prospettiva.
Lo sport è un enorme valore aggiunto in tal senso, ma la piega che sta prendendo l'associazionismo è controproducente.
Anche noi di DNL rischiamo di finire nel calderone di questo mondo misto tra compassione smelensa a contenuti zero, buonismo di serie B, campagne di sensibilizzazione autoreferenziali e mistificatrici, spreco di risorse.
Pretendo molti di più da me e anche da chi incrocia la dimensione Diabete no Limits.
E non parlo di prestazione atletica. Parlo di fatti, contenuti e partecipazione. Mumble mumble … per fortuna che ho ancora la forza di scrivere stronzate come queste e di farle leggere ad altri stronzi come me che raccontano (ma dobbiamo farlo tutti meglio e di più) il proprio essere atleti con imperfetto metabolismo degli zuccheri. W gli stronzi, con o senza diabete! E non prendiamoci troppo sul serio! O sono cazzi amari. Tutto ciò ovviamente sempre
senza rancore. Mumbling on Trail ... a sx Michele Capuzzo (DNL Friends) per la cronaca 5° assoluto in 3h10) e a dx Cristian Agnoli (dm1, VR) in attesa dello start