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Dnl - Diabete no limits

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DNL WOMAN - Mellito Girls


Questa sezione del sito è per Voi, mellito girls, mellito woman...per le vostre avventure, i problemi, le curiosità, i dubbi e le risposte che vi sentite di dare...è una sezione che aspetta il vostro contributo...
Scrivete a:
mik@diabetenolimits.org
      

Mellito Girls ...1 DI NOI ...

MIK si presenta ... altre sue esperienze sono presenti nel sito ... il suo ultimo resoconto è in Diabete Outdoor cui rimandiamo ...

Nome: Michela
Cognome: Del Torchio
Luogo e data di nascita: Roma, 16/03/1977 
Titolo di studio : Laurea in Sc. Biologiche Università di Roma “ La Sapienza ”
Ultima emoglobina glicosilata
: 6.8 (OTTOBRE 2007)

Hobby
: sport all'aria aperta in relazione alle condizioni metereologiche (snowboard, alpinismo sia invernale che estivo, trekking equestre, mountain bike)
Interessi: musica definita ascoltabile, libri (storici, romanzi, racconti di vita vissuta, magici), TV (adoro i film da gustare a casa sul divano magari cambiando se non mi piacciono, documentari sia sportivi che scientifici, serie televisive straniere, non sopporto quelle italiane), scrivere quadernucci su cui appunto quello che faccio e vedo, studiare (adoro studiare argomenti diversi dalle mie origini scientifiche anche se poi il mio mi dirigo sempre lì)
Professione: attualmente impegnata in un master sulla comunicazione ambientale (giornalismo scientifico).
Impegni sportivi per il futuro (certi) : aprire un 6a+, due cime da 5000m s.l.m., una maratona (ma tra 4 anni), attraversare l'Italia a cavallo.
Aspirazioni sportive (incerte, salvo infortuni, scostanza ecc.ecc.): aprire un 8a, un 7000m s.l.m. una maratona ma tra 2 anni e l'Italia a cavallo!
Cosa ti piace: sorridere e far sorridere
Cosa non ti piace: la falsità e l'ignoranza
Cosa guardi: cerco sempre il tramonto indimenticabile ma per ora lo sono stati tutti
Il tuo piatto
: formaggi di qualsiasi tipo e genere
Il tuo cocktail: una pinta di Guiness
Se non fossi diabetico:
non sarei qui e non avrei conosciuto persone splendide e no. Ma il mondo è bello perché avariato!
Una frase : il vero malato non è chi vive una patologia ma chi se la cuce addosso!!

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La mia Mellito Story:

Era il 13 Aprile 1991 e ricordo molto bene le lacrime di mia madre appoggiata con il viso sulla finestra della stanza nella quale mi avevano ricoverato al Bambin Gesù. Era il compleanno di mio padre.

Mi hanno tenuto per quattro giorni a digiuno con una flebo nel braccio e una fantastica tazzina di the sul comodino accanto al letto.

Questo è stato il mio esordio da diabetica. O meglio la fine, almeno così credevano tutti. Invece è stato, con il senno di poi, l’inizio. L’inizio di una nuova vita, né migliore né peggiore ma nuova. I primi anni della mia “nuova vita” sono stati devastanti, molti dicevano che non accettavo la malattia, analizzandomi oggi credo che fosse solo un mio modo di reagire: far finta di nulla. Sono passati sedici anni e ho attraversato tutte le fasi di convivenza con il diabete.


A ventitrè ho iniziato a trovare il mio equilibrio, molto lentamente, molto duramente ma ho fatto il primo passo.E da allora la mia condizione è diventata un’opportunità. Pratico diversi sport, non ho un’unica passione, o meglio l’avevo ma ne odio l’aspetto agonistico , per cui mi diverto a fare quello che il tempo meteorologico mi permette. Snowboard fuoripista e alpinismo durante l’inverno, equitazione, arrampicata, mountain bike (anche estrema, ho addirittura fatto qualche discesa di down hill e freeride con bikers esperti e mountain bike adeguate) durante l’estate, e da poco corro. Insomma sport, tanti e diversi ma che implicano allenamento, testardaggine, a volte coraggio e che inevitabilmente si trasformano in cura. Non mi reputo un atleta ma una sportiva. Non ho la capacità di concentrarmi su un’unica attività, mi piace farne tante, diverse ma che comunque danno al mio fisico sia una buona resistenza che una discreta forza, infortuni permettendo.

La cosa più sorprendente è l’azione che lo sport ha sulla mia mente e sul mio diabete. Abituare il cervello a lavorare, a pensare sempre e in qualsiasi situazione, a non mollare nemmeno quando mollare è l’unica cosa che sembra razionale, a non guardare mai in basso ma sempre avanti, a non trovare scuse (in questo sono ancora bravissima) ma fermarsi razionalizzare e ripartire, a non cercare negli altri i nostri difetti ma trovarli solo nei nostri limiti. E decidere se oltrepassarli ancora o ritenersi soddisfatti di essere arrivati muso a muso con un muro.

Questa è la mia vita. Da diabetica. Da Sportiva.

Molte volte mi trovo con glicemie che seguono andamenti tutti loro, per quanto provi a controllarle nel migliore dei modi. Ma purtroppo questo è il mio diabete, regolare ed equilibrato ma non sempre, indipendentemente da quello che faccio. Ne prendo atto, cerco di ridurre al minimo le fluttuazioni e m’impegno affinché la mia vita sia il più regolare possibile, anche se qualche “vizio” me lo concedo e ne pago in seguito le conseguenze. Poi facendo una vita regolare e sana anche i piccoli vizi si gustano di più!

Questa sono io con pro e contro…chi è senza peccato scagli la prima pietra e se proprio vi va di scagliarla siate precisi e letali. Se ferita mi curo e reagisco ma mai in maniera pacifica!!

MIK

 

Mellito Week-End

Il Metodo Mik
Il mio punto di vista su sport & diabete


Venerdì sera. Inizia il fatidico fine settimana. Decisione da prendere: cosa fare?

Si va in montagna? Si va a cavallo? O forse è meglio la mountain bike o forse è meglio andare in falesia? Ovviamente il tempo meteorologico gioca un ruolo importante nella decisione.
Le scelte sono molte ma secondo me la cosa migliore da fare, se si è eternamente indecisi come me, è quella per cui si è maggiormente allenati. A me questo “metodo” mi consente anche un miglior controllo glicemico.

Quando non si è allenati i muscoli, sotto sforzo, si stressano. E nel mio caso, ma credo che la cosa succeda un po’ a tutti, questo porta ad un innalzamento della glicemia. Quello che succede nelle ore successive è la richiesta di zuccheri da parte del muscolo e si rischia, dopo una bella IPER, anche una IPO per eccessiva correzione (la prima volta che ho corso per 55 minuti, senza un allenamento mirato per la corsa, ho finito con un bel 430mg/dl, crollata a 86 mg/dl, nel giro di un ora, immediatamente dopo aver fatto una sola unità di insulina pronta, sotto consiglio del dottore).

Io ho risolto questo problema sia con un allenamento aerobico che pratico durante la settimana, che una pratica più costante e meno stressante di uno sport.
Per diversi motivi attualmente non sto andando in montagna e i miei fine settimana sono dedicati alle falesie.

All’inizio anche queste giornate erano un po’ caotiche, poi pian piano, con tantissima pazienza, ho risolto anche questo inconveniente.

Prima di arrivare in falesia c’è sempre un avvicinamento da fare, questo può essere o una semplice passeggiata tra i boschi o un sentiero in lieve pendenza o un vero e proprio dislivello, ma sempre sotto i 500 metri. L’avvicinamento è il motivo per il quale è necessario un buon allenamento aerobico. Anche una piccola passeggiata, a ritmo sostenuto, può portare ad una richiesta di zuccheri, da parte del muscolo, eccessiva, con il rischio di una ipo anche solo dopo 20 minuti di camminata. Di solito quando si va a scalare gli zaini sono sempre pesanti. I primi tempi spegnevo il microinfusore mezz’ora prima di arrivare, adesso, a meno che la glicemia non sia bassa, non faccio alcuna modifica oltre che una colazione abbondante la mattina.

Appena si arriva si perdono circa 30 minuti per prepararsi, scegliere cosa fare, come iniziare, sentire le sensazioni degli altri e cincischiare a volontà, in questi momenti difficilmente mangio. Mi viene invece fame dopo i primi due o tre tiri. In falesia ogni volta che mangio(di solito mi porto le barrette della fitness, o della frutta o le gallette di riso) faccio una o due unità. E’ uno sport anaerobico per cui non si consuma zucchero mentre si pratica bensì dopo.

Le prime volte che arrampicavo finivo sempre con glicemia molto alte e questo era dovuto appunto allo stress muscolare, oltre che emotivo. In serata invece dovevo mangiare tantissimo per correggere le forti ipo che si susseguivano.

Negli ultimi fine settimana questi casi non si sono più verificati. Mi alleno di più in artificiale, almeno due volte a settimana, abituando ad un certo sforzo e stress i miei muscoli. In falesia, ormai è un mese che ci vado tutti i fine settimana, cerco sempre di avere la glicemia tra i 140 mg/dl e i 200 mg/dl, sotto rischierei una ipo mentre arrampico, sopra non riuscirei a dare il massimo e rischierei di farla alzare ulteriormente con lo sforzo.

In macchina al ritorno dormo sempre, anche perché fortunatamente non guido, la sera sono sempre stanca, nell’arrampicata oltre al grande sforzo muscolare è richiesta una grande dose di coraggio che molte volte a me costa cara.

Come al solito allenamento, da diabetici e no ci vuole allenamento, per la pratica di uno sport, a qualsiasi livello, ci vuole allenamento, il muscolo deve imparare come risparmiare energia, come dare il massimo e farglielo fare solo una o due volte al mese è un massacro, soprattutto perché poi per noi diventa difficile gestire il resto … insomma calma, sangue freddo, pazienza e divertimento, lo sport è questo!


Mik alias Michela Del Torchio

mik@diabetenolimits.org

Diabete e normalità

Il MIO punto di vista


Scrivo dal nuovo luogo in cui sono “capitata”, sulla sinistra orografica del torrente Gesso, in provincia di Cuneo, S. Anna di Valdieri. Sto bevendo un succo d'arancia e mangiando una barretta con cereali sia per alzare l'attuale 60 mg/dl di glicemia che perché la fame a quest'ora del pomeriggio è sempre presente.

Oggi ho parlato a lungo con un amico, al telefono, di diabete, di come è la situazione al giorno d'oggi, di come stiamo e di cosa non ci piace.

Non so da dove partire...ma forse l'inizio è la cosa migliore.

Ho il diabete da 17 anni, dall'età di 14... proverò, oggi, a tirare le somme.

Dal mio esordio sono state pochissime le volte in cui ho “preso contatti” con la comunità diabetica, sia perché al mio inizio non esisteva ancora internet, e comunicare con le altre realtà dipendeva sempre dal medico curante, sia perché mi sono sempre fatta i “fatti” miei.

Dopo i primi seri litigi con la mia situazione, le fughe dall'ospedale perché mi ci chiudevano settimane per riuscire a capire come mai la mia glicata era altissima (nessuno ha mai provato a chiedermi cosa mangiavo, cosa facevo e via dicendo) e altre varie vicessitudini sono capitata a vivere da sola, ad imparare a prendermi per forza cura di me. E li altri caos. Poi magicamente è tornato nella mia vita il primo stimolo in ricordo del quale feci da sola la mia prima puntura: il cavallo. Tornai dopo 5 anni a montare. Ma i guai furono infiniti ... una crisi ipoglicemica dietro l'altra, glicata di nuovo alle stelle e nessuno mi spiegava perché, l'unica giustificazione era che l'equitazione non era uno sport aerobico e per cui non mi faceva bene. Tralascio i successivi 8 anni fino ad arrivare all'incontro che segnò positivamente la mia vita da diabetica, sportiva: l'incontro con il dott. Poccia, Gianfranco Poccia, S. Salvatore, L'Aquila. Fu il primo e unico che cercò di capirmi, che si mise sul mio stesso gradino e mi chiese. Quando arrivai da lui avevo già risolto molti problemi ma ancora non ne avevo capito la causa, lui chiarì tutto e mise finalmente la parola pace tra me e il mio problema. L'avevo messa da alcuni anni ma lui sigillò quella ipotetica stretta di mano tra me e il mio diabete.

Dopo aver brevemente spiegato una parte della mia vita vi spiego perché ho deciso di scrivere. Da diversi mesi seguo, molto marginalmente ormai, la vita dei “diabetici italiani” e della loro “community” e ho tratto delle conclusioni che voglio condividere.

Il diabete, curare il diabete, uniti contro il diabete, lo sport per curare il diabete, il diabete permette una vita normale, con il diabete ovunque...mah!

Vi spiego il mio scetticismo.

Primo problema: ho la residenza nella città dell'Aquila e la mia smisurata passione, e professione, per la comunicazione ambientale mi ha portato a lavorare in uno dei parchi naturali più belli della nostra nazione: il Parco naturale delle Alpi Marittime. Il mio lavoro durerà tre/quattro mesi, anche se io vorrei stabilirmi definitivamente qui, durante i quali secondo la regione Piemonte io dovrei prendere la residenza nella città di Cuneo per poter prendere i presidi di cui necessito. Attualmente dormo nella foresteria che il Parco ha messo a mia disposizione ma di certo non posso prenderci la residenza. Secondo le leggi regionali dovrei allora continuare a prendere i presidi nella città di residenza. Per raggiungere la città dell'Aquila da Cuneo ci metto, con il mio super Doblò, 8 ore per cui devo prendermi minimo tre giorni di permesso per recuperare il tutto. Questo è quello che mi è stato riferito dalla ASL n 5 di Cuneo e dall'Ospedale Civile di qui. In alternativa dovrei contare sui fantastici personaggi che mi hanno messo al mondo facendo fare a loro il lavoro “sporco” e aspettare i presidi dentro una bella scatola postale. Vi sembra normale? Ma più che altro quale Ente assumerebbe un professionista (per un contratto di collaborazione) che necessita ogni mese di tre giorni di “ferie” per recuperare il necessario? O anche: ma che mi devo giocare le ferie per andare a prendere i presidi? Ma stiamo scherzando? Vogliamo poi parlare delle interminabili file per rinnovare ogni cinque anni il tesserino di esenzione ticket? Ogni cinque anni? Ma il mio diabete di tipo 1 non si cura e io devo conviverci il resto della mia vita perché ogni cinque anni devo perdere 3 ore per rinnovare questo “permesso”, che per di più non vale nemmeno a livello italiano?

Ma i diabetici hanno vita normale.

No, io non ci credo. E' vero che possiamo fare tutto quello che vogliamo, magari facciamo più fatica degli altri, ma non venitemi a dire che pungersi le dita cinque o sei volte al giorno per “controllarsi” e farsi dalle quattro alle sei punture al giorno o girare con un affare strano (il mio è colorato per cui ancora più strano) intorno alla vita sia normale (microinfusore).

Eppure la comunità diabetica continua a dire che è così. Ci sbattono in faccia super eroi di qualsiasi tipo che continuano a ripetere che la nostra vita è NORMALE dimenticandosi che solo alzarsi la mattina e pungersi per far uscire una goccia di sangue è da “veri eroi”.

Secondo me non avremo mai una vita “normale”, anche se tale termine affidato alle persone che guardano la TV italiana ogni giorno è da discutere, ma va bene così, va benissimo così, ognuno trova nella sua strada i fiori che rendono tutto più bello.

La mia vita non è normale e attualmente non lo è nemmeno quella del mio compagno, so cosa mi fa bene, so cosa mi fa male, ho trovato (più o meno) il giusto equilibrio in tutto quello che faccio, ma appena arrivo in falesia devo tirare fuori la macchinetta della glicemia, mettere il microinfusore in una tasca apposita dietro l'imbrago (tecnica riferitami da un alpinista) e decidere se mangiucchiare qualche cosa o fare un piccolo bolo, scusate ma non è normale.

Lo faccio, faccio tutto con estrema tranquillità ma ogni tanto mi guardo da fuori e mi rendo conto che molti miei atteggiamenti possono risultare “strani”. In questi anni ho trovato la forza di dire “chi se ne frega”, ho il diabete e allora (frase detta da una grande bioteCnologa dell'Aquila), non sarò mai come mi volete voi (Piero Pelù) e chi più ne ha più ne metta. Ma la mia vita non è normale. Ogni mia azione si ripercuote sulla giornata, cosa mangio, quanta insulina inietto, se mi muovo, eppure con tanta fatica, ma ben pochi aiuti quando ne avrei avuto maggiormente bisogno, sono riuscita (ogni tanto sbaglio ancora) a trovare l'equilibrio che mi permette di spaccare il mondo ogni mattina (sempre se la glicemia è > di 70 mg/dl o < a 200 mg/dl). Ma che nessuno mi venga a dire che è normale.

Ad essere sincera nemmeno voglio esserlo più!

Odio il termine normale, se poi penso a chi veramente sta male e soffre di patologie ben più gravi e degenerative penso che sono una ragazza "fortunata" ... ma per cortesia, non parliamo di "normalità" ... parliamo di vivere e di volersi bene, con il diabete, senza diabete, sulle proprie gambe, su una carrozzina, con delle protesi ...

Il diabete è una difficoltà e nessuno lo vuole nascondere e concordo che questo spesso passa ... tuttavia io sono felice di non essere normale ...non dico di essere felice perché ho il diabete, dico solo basta falsità, basta prese per il culo del tipo: se ti curi, fai sport e mangi bene risolvi tutto ... NO, non funziona così, è vero bisogna fare sport ma con metodo, con disciplina, con costanza altrimenti è meglio camminare per 30 minuti ogni giorno e amen (e siamo ben d'accordo che questo NON è sport!).

Mangiare bene, si ma in primis cosa vuol dire? Vuol dire mangiare tanta frutta e verdura e preferire cibi cotti al vapore a quelli fritti e via dicendo (letto e copiato da Gente!), NO vuol dire avere una buona educazione alimentare, sapere di preciso quello di cui ha bisogno l'organismo per star bene (una birra è essenziale come anche del buon vino), non eccedere e saper dire di no quando la fame ha lasciato posto alla sola gola (o almeno farlo più spesso che il contrario). Del resto è l'alimentazione di un buon sportivo.

La nostra condizione, patologia, malattia, situazione e via dicendo non è, ripeto, normale, ci si vive e bene, ma c'è bisogno di tanta pazienza, di tanta umiltà, di un ottimo dottore accanto e di risolvere alcune questioni burocratiche/amministrative ministeriali, tipiche del territorio italiano.

Ma non è normale!

Non posso elencare tutti i controlli che faccio perché sono le stesse che facciamo tutti ma non venitemi a dire che sono normali, il diabete sotto molti punti di vista amplia la visione della vita, fa vedere oltre il proprio naso, o almeno a me ha fatto questo effetto, è una condizione con la quale convivo ogni singolo giorno della mia vita ma non è normale (credo di averlo scritto ormai 1000 volte e spero sia chiaro!!!).

Non ditemi, da bravi psicologi, che non accetto la mia condizione (o come volete chiamarla) è proprio perché ho fatto pace con lei che riesco a criticarla e osservarla sotto un punto di vista diverso da quello della Grande Comunità Diabetologica Italiana, cioè il MIO e questo mi da la capacità di analizzare e risolvere i piccoli grandi problemi di ogni giorno.

That's all folks!

Michela Del Torchio